WHITE SPOONBILL IS FISHING
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Leggi tutto “White spoonbill with freshly caught fish in its mouth – fishing technique”
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Luca sta osservando con il cannocchiale l’avifauna presente in quel momento nello specchio d’acqua difronte a noi quando, con felice sorpresa, scorge in lontananza, accanto ad un capanno per cacciatori, una spatola bianca, nome scientifico Platalea leucorodia, intenta a sondare con il becco il fondo acquitrinoso.

Il nome scientifico “Platalea leucorodia” deriva dal greco “platýs” cioè “largo e piatto“, riferito alla caratteristiche del suo becco; “Leucorodia” deriva dal termine greco “leukorhøidiós” cioè “airone bianco” e questo in quanto questi due uccelli, la spatola e l’airone bianco, ad eccezione del becco, presentano delle somiglianze come lo si può notare nella foto di seguito pubblicata che li ritrae assieme.

Io e Luca aspettiamo fiduciosi che l’esemplare di spatola si avvicini un po’ di più a noi per potergli scattare qualche foto.
Leggi tutto “Spatola bianca con in bocca il pesce appena catturato – tecnica di pesca”Partiamo da questa premessa: fotografare gli uccelli in volo nel loro ambiente naturale potrebbe sembrare facile ma facile non è.
Alcuni sostengono che per un fotografo la fotografia naturalistica è la cosa più difficile a farsi. Per il momento è la cosa a cui piace dedicarmi.
Voglio partire dal passato, da quando negli anni ’70 ho iniziato a fotografare auto da rally.
I primi scatti alle auto da rally li ho fatti nel 1977 in occasione del Rally Campagnolo che si è corso sulle strade dell’entroterra della provincia di Vicenza e in quel caso ho usato una vecchia macchina fotografica a pozzetto che un amico mi aveva prestato.
Un’impresa per me riuscire a ricavare con questa tipologia di macchina fotografica qualche bel scatto fotografico delle auto in corsa.



Gru in volo sul Delta del Po. Giornata dedicata alla fotografia naturalistica: https://www.romio.family/2025/02/08/gru-in-volo-sul-delta-del-po-giornata-dedicata-alla-fotografia-naturalistica/

Picchio è il nome comune di vari uccelli che appartengono alla famiglia dei Picidi.
Le specie più note sono il picchio verde (Picus viridis), il picchio cenerino (Picus canus), il picchio nero (Dryocopus martius), il picchio rosso (Dryobates major).
Il nome scientifico del genere Dryobates deriva dal greco antico e sta a indicare il camminare sugli alberi.
Infatti caratteristica del picchio è la capacità di arrampicarsi sugli alberi e di rimanervi aggrappato attraverso l’uso delle forti unghie ricurve. Altra caratteristica comune della specie è di avere un becco particolarmente forte che gli permette di scalfire le parti tenere di un tronco allo scopo sia di procurarsi insetti e larve come pure, dopo aver scavato al suo interno una profonda galleria, di costruirsi il nido.
Il picchio verde, ritratto nella foto, è l’unica specie di picchio che normalmente scende a terra. Infatti questo uccello ama nutrirsi a terra di formiche e delle loro uova delle quali è particolarmente ghiotto. Altra caratteristica del picchio verde è quella di farsi sentire nell’ambiente che lo circonda con un suono vocale mentre ad esempio il picchio rosso ama comunicare attraverso il suono che deriva dal suo battere il becco sul tronco degli alberi.
Fotografare il picchio verde non è facile in quanto è particolarmente attento e diffidente. Era da tempo che osservavo, in zona “boschetta” a Costabissara, gli spostamenti dell’esemplare che ho fotografato. Avvicinarmici non è stato facile. Lo attendevo dove in precedenza l’avevo visto e lui regolarmente si posizionava dove io mi ero messo ad aspettarlo la volta precedente. Alla fine sono riuscito a fotografarlo e devo evidenziare che la lunghezza del teleobiettivo che ho usato, l’OM System M.Zuiko ED 150-600mm f/5.0-6.3 IS Sync, micro quattro terzi, equivalente nel formato 35mm ad un teleobiettivo 300-1200mm, mi ha agevolato. Come corpo macchina ho usato l’OM-1 mark II.
Woodpecker is the common name for various birds belonging to the Picidae family.
The best known species are the green woodpecker (Picus viridis), the ashen woodpecker (Picus canus), the black woodpecker (Dryocopus martius) and the red woodpecker (Dryobates major).
The scientific name of the genus Dryobates derives from the ancient Greek and indicates walking on trees.
In fact, characteristic of the woodpecker is the ability to climb trees and cling to them through the use of strong, curved claws. Another common characteristic of the species is that it has a particularly strong beak that allows it to scratch the soft parts of a trunk in order both to get insects and larvae and, after digging a deep tunnel inside, to build its nest.
The green woodpecker, pictured here, is the only woodpecker species that normally comes down to the ground. In fact, this bird likes to feed on the ground on ants and their eggs of which it is particularly fond. Another characteristic of the green woodpecker is that it makes itself heard in its surroundings with a vocal sound, while the red woodpecker, for example, likes to communicate through the sound it makes when beating its beak on the trunk of trees.
The green woodpecker is not easy to photograph as it is particularly alert and wary. I had been observing the movements of the specimen I photographed for some time in the ‘boschetta’ area in Costabissara. Approaching it was not easy. I waited for him where I had seen him before, and he regularly positioned himself where I had been waiting for him the previous time. In the end, I managed to photograph him and I must point out that the length of the telephoto lens I used, the OM System M.Zuiko ED 150-600mm f/5.0-6.3 IS Sync, a micro four-thirds lens, equivalent to a 300-1200mm telephoto lens in 35mm format, made it easier. As a camera body I used the OM-1 mark II.

“Attenti alla poja”, questa, espressa in dialetto veneto, era l’indicazione, come mi racconta mia mamma Oliva, che veniva data in passato ai bambini che vivevano nelle fattorie di campagna.
E sì perché questo rapace, la Poiana comune (Buteo buteo Linnaeus, 1758), lungo circa 50-55 cm, con una apertura alare che può arrivare a 128 cm e con un peso che può raggiungere i 1400 grammi, incuteva timore.
Non tanto perché potesse essere di pericolo ai bambini ma in quanto ai bambini era deputato il compito di prestare attenzione durante il giorno alla “poja” affinché non sottraesse i pulcini alla chioccia. Infatti, un tempo, era usuale che le chiocce portassero i loro pulcini ad esplorare gli spazi aperti in prossimità delle fattorie e questo costituiva un pericolo in quanto dall’alto poteva all’improvviso piombare su di loro la Poiana che li avrebbe afferrati e portati via con i poderosi artigli.

Questo rapace può costituire un ipotetico pericolo per l’uomo solamente se si transita nel periodo della cova, in primavera-estate, nei pressi del nido. In questo caso per difendere i suoi piccoli la Poiana comune potrebbe attaccare chi in quel momento è visto come una minaccia.

Sempre legato a questo rapace in passato era il detto scherzoso “ma gheto visto la poja?”. Questa frase dialettale veneta veniva verbalizzata nel momento in cui qualcuno si presentava un po’ scosso, magari con i “capelli dritti” per lo spavento appena preso.

Desideravo da tempo fotografare le Gru.
L’occasione che mi ha permesso di veder realizzata questa mia speranza è stato l’invito da parte di un amico ad un breve viaggio nel Delta del Po all’insegna del birdwatching.
Sapevo che riuscire a vedere e scattare qualche foto a questo grande uccello migratore, le Gru cenerine o eurasiatiche (Grus grus), libere in natura in quest’area, sarebbe stato un po’ difficile però, come si dice, “la speranza è l’ultima a morire” e, se si rimane a casa, magari nella nostra zona “confort”, le opportunità diminuiscono ulteriormente.
Due sono i periodi migratori delle Gru, quello invernale, di novembre e dicembre e quello primaverile, di febbraio e marzo.
In novembre, dicembre le Gru iniziano a migrare dai siti riproduttivi del nord Europa verso i luoghi più temperati della penisola Iberica, le coste del nord Africa e le aree del Medio Oriente. Il viaggio di ritorno, dai siti di svernamento ai siti riproduttivi, inizia invece verso febbraio marzo.
Ecco che allora io e il mio amico, anche lui appassionato di fotografia naturalistica, partiamo di buon mattino verso i luoghi del Delta del Po con la speranza di scattare alcune foto anche a qualche esemplare di Gru cenerina.
Giriamo in auto per le aree vallive intorno alla Sacca degli Scardovari in località di Porto Tolle ma delle Gru nessun segno.
Ci fermiamo presso l’Oasi di Ca’ Mello. Ci addentriamo nell’Oasi e scattiamo qualche foto.
Ad un certo punto il mio amico, più esperto di me nel riconoscimento degli animali, mi dice: “Maurizio, senti questo suono? È il canto delle Gru”.
Usciamo in campo aperto per vedere di localizzare visivamente le Gru.
Purtroppo non riusciamo a vederle e da lì a poco il loro canto si fa sempre più flebile fino a scomparire del tutto. Le Gru si erano allontanate.
Stiamo rientrando a piedi indirizzati al punto di parcheggio della nostra auto ed ecco che in lontananza, alzando lo sguardo al cielo, compare ai nostri occhi uno stormo di Gru costituito da circa una ventina di esemplari.
Sono emozionato.
Scatto qualche fotografia del loro passaggio.



E’ la prima volta che vedo le Gru. In questa occasione le ho viste in volo e non a terra ma ne sono ugualmente felice. Sono fiducioso che avrò ancora l’opportunità di vederle e ritrarre la loro sosta in questi luoghi suggestivi del Delta del Po.
Note: per le fotografie pubblicate ho utilizzato come corpo macchina una OM SYSTEM OM-1 MARK II e come lente il teleobiettivo OM System M.Zuiko ED 150–600mm f/5.0-6.3 IS Sync

Solo pochi anni fa il posto più vicino, nel mio caso, dove poter vedere questo uccello era il Delta del Po.

Ora invece alcuni esemplari di ibis sacro li ho fotografati nei pressi della mia abitazione, nel comune di Costabissara.

Ibis è il nome comune di alcuni tipi di trampolieri appartenenti al sottordine delle Cicogne.

Diffuso in Africa l’ibis era particolarmente comune nella valle del Nilo ora scomparso da questo habitat.
Un tempo gli antichi Egizi pensavano che l’ibis fosse propiziatorio per le piene del fiume Nilo, molto importanti per l’economia dell’antico Egitto. Quando gli ibis raggiungevano l’Egitto significava che le piene del fiume Nilo erano imminenti. Ecco perché l’ibis era considerato un uccello propiziatorio e sacro. Inoltre si riteneva che la sua presenza contrastasse la proliferazione dei serpenti, animali pericolosi per coloro che lavoravano nei campi.

L’ibis sacro è lungo una settantina di centimetri compresa la coda; testa e collo sono privi di penne e sono di un colore nero intenso.

L’ Ibis vive in zone umide ricche di corsi d’acqua. Si nutre di crostacei, molluschi, rettili, insetti, pesci e rane.
I giovani ibis, a differenza degli adulti, hanno il collo e il capo ricoperte da piume bianco nere.



Le dita anteriori dell’ibis sono collegate da una membrana, mentre il dito posteriore è libero.
Una caratteristica di questo uccello è che presenta nella parte inferiore dell’ala un lembo di pelle nuda priva di piume e di color rosso.


Altri ibis in generale li possiamo trovare ad esempio nell’America tropicale, come l’ibis rosso (Guara guara) dal piumaggio vermiglio; nell’Africa orientale e settentrionale ed in Arabia vive l’ibis eremita (Comatibis eremita), così chiamato perché ama vivere in luoghi isolati, più grande dell’ibis sacro e dal piumaggio nero lucente.

Macchina fotografica:
Olympus E-M10 Mark III
OM System OM-1 Mark II
Obiettivi:
OLYMPUS M.Zuiko ED 100-400mm F5.0-6.3 IS
OM SYSTEM M. Zuiko Digital 150-600mm F5.0-6.3 IS
Da non confondere con la cinciallegra dal capo nero.
Cincia é il nome comune di molte specie di piccoli passeracei del genere Parus.
Ama vivere sugli alberi dove nidifica nei buchi dei tronchi o nei nidi lasciati incustoditi. Si ciba di insetti, larve e semi.
Molte sono le specie del genere Parus: la cincia mora (Parus ater); la cincia bigia (Parus palustris); la cincia bigia alpestre (Parus atricapillus montanus), che presenta una calotta nera sulla testa, un dorso bruno grigio, un petto e ventre biancastri; la cincia col ciuffo (Parus cristatus mistratus), caratterizzata dalle penne del capo dal colore nero orlate di bianco che possono erigersi; la cincia codone o codibugnolo (Aegithalus caudatus), caratterizzata da una coda molto lunga rispetto al corpo; la cinciallegra (Parus major) che presenta un piumaggio nero sulla testa, guance bianche, un dorso dalla tonalità color verdastro, ali e coda grigio-azzurre, ventre giallo; la cinciarella (Parus coeruleus) caratterizzata dalla calotta della testa dal piumaggio celeste-azzurro e circondata da un collare nero, un dorso verde-giallastro, ali e coda azzurre, ventre giallo.






Not to be confused with the black-headed tit.
Tit is the common name for many species of small passerines of the genus Parus.
It loves to live in trees where it nests in holes in trunks or in nests left unattended. It feeds on insects, larvae and seeds.
There are many species of the genus Parus: the coal tit (Parus ater); the marsh tit (Parus palustris); the Alpine marsh tit (Parus atricapillus montanus), which has a black cap on its head, a grey-brown back, and a whitish chest and belly; the crested tit (Parus cristatus mistratus), characterised by black head feathers edged with white that can stand erect; the long-tailed tit (Aegithalus caudatus), characterised by a tail that is very long in relation to its body; the great tit (Parus major) which has black plumage on the head, white cheeks, a greenish-coloured back, grey-blue wings and tail, and a yellow belly; the blue tit (Parus coeruleus) characterised by a light blue-plumaged head crown surrounded by a black collar, a yellowish-green back, blue wings and tail, and a yellow-plumaged belly.
To take these images I used the following photographic equipment:
Camera: OM System OM-1 mark II
Lens: Telephoto OM SYSTEM M.Zuiko Digital ED 150-600mm F5.0-6.3 IS
Shot locations: Italy, Costabissara (VI)
Warm greetings to the blog visitors.
Maurizio Romio

